Rivarossi

Punto GPS dei vari monumenti
Informazioni utili
  • QUANDO ANDARCI: Tutto l’anno
  • RAGGIUNGIBILE CON: Automobile
  • CONSIGLIATO PER: Tutti, accessibile a persone con disabilità motorie
  • DURATA DEL PERCORSO: La visita di targhe e monumenti è di breve durata
  • LUNGHEZZA E DISLIVELLO: Poche decine di metri, sempre in piano
  • ABBIGLIAMENTO CONSIGLIATO: Qualsiasi
  • COSA AVERE NELLO ZAINO: Nulla di particolare
  • SITO INTERNET UFFICIALE: Rivarossi
  • ALTRI SITI INTERNET DI RIFERIMENTO:
La storia

Non tutti sanno, soprattutto i più giovani, che prima dell’avvento ed innesto della tecnologia anche nel mondo dei giocattoli, l’infanzia di bambini e ragazzi aveva pochi ed analogici protagonisti e che negli anni ’80 un terremoto devastante (metaforicamente parlando) nel mondo ludico ha creato una scissione netta tra le generazioni, quasi paragonabile al passaggio d’illuminazione da lampada ad olio a lampadina a incandescenza con l’avvento dell’elettricità.

Infatti, con la diffusione ed implementazione delle componenti tecnologiche in tantissimi settori industriali e commerciali vista la maggior accessibilità (legata al costo, alle conoscenze, alla tecnica), anche settori commerciali e realtà più distanti, come quella ludica, subirono una normale evoluzione che cambiò radicalmente il gusto e desiderio dei consumatori più giovani. Basti pensare all’avvento delle console e dei videogiochi, poi i computer, degli smartphone, e così via.

Questo avvenimento creò non pochi problemi e crisi economiche a molte aziende come la Rivarossi, vista l’impossibilità nel sapersi re-inventare in un mercato generale che oramai andava in tutt’altra direzione e con un pubblico di consumatori sempre più ridotto da diventare una nicchia, fino alla cessione dell’intera società alla HORNBY negli anni 2000 con tutto ciò che ne conseguiva.

La visita

Le parole chiave di questa storia sono accuratezza, precisione e realismo, e tutte e tre insieme servono per descrivere la storia di un’azienda italiana che è riuscita a fare breccia nei cuori di appassionati di tutto il mondo, di come sia riuscita ad arrivare all’apice del suo settore rimanendo ai vertici per decenni e del crollo del suo business per via della normale evoluzione del suo mercato: quest’ultima sembra una frase senza senso, ma più avanti capirete il perché!

Innanzitutto bisogna raggiungere, in ordine, le 2 location protagoniste che sono Albese con Cassano e Sagnino, entrambe in provincia di Como e nei pressi del confine svizzero, distanti in automobile un’ora da Milano ed un’ora e mezza da Bergamo. Qui sono stati posizionati i monumenti e le targhe commemorative in onore a quella che è stata la migliore azienda di ferromodellismo in Italia, in corrispondenza dei luoghi più importanti e significativi del suo percorso di crescita ed affermazione, e di cui qualsiasi appassionato bramava (e brama tutt’ora) uno dei suoi modellini. Sto parlando della Rivarossi.

L’azienda venne fondata nel 1945 da Alessandro Rossi dopo aver acquistato una società di commutatori elettronici, la ASA S.n.c., di cui faceva ancora parte Antonio Riva, iniziando a produrre i primi modellini in un piccolo laboratorio artigianale posizionato all’interno di una corte di Albese con Cassano. In seguito alla partecipazione alla Mostra del Giocattolo di Milano nel Giugno del 1947, in cui l’azienda iniziò a farsi un nome tra il grande pubblico con un conseguente aumento della richiesta di modellini, era necessario spostarsi in uno spazio più grande in cui strutturarsi al meglio e nel 1947 venne inaugurato lo storico stabilimento di Sagnino. Da quel momento in poi, la Rivarossi diventò la migliore azienda in Italia produttrice di modellini ferroviari, e non solo, perché riuscì a fare breccia anche sul mercato mondiale grazie molteplici fattori, come una grande cura dei dettagli, l’apporto di diverse innovazioni tecnologiche ed il saper ascoltare le esigenze dei ferromodellisti. Riuscì praticamente a far capire a chiunque che non si parlava più di un semplice giocattolo, ma di qualcosa di serio.

L’azienda visse un periodo molto florido fino agli inizi degli anni ’80, in cui iniziarono le prime crisi economiche per via della normale evoluzione del mondo ludico con l’avvento della tecnologia, che fece cambiare radicalmente il gusto dei consumatori più giovani che non erano più attirati da un trenino elettrico ma dai primi giochi interattivi elettronici. Il non riuscire a sapersi re-inventare (anche per via del tipo di prodotto) portò tutto il settore del ferromodellismo a diventare di nicchia, con un pubblico sempre più ristretto, anche se furono molti i tentativi di rilancio puntando sempre su una qualità altissima, ma ciò non bastò: la Rivarossi dovette cedere il passo e vendere tutto alla società inglese Hornby negli anni 2000.

Affiancato all’azienda, fin dall’inizio, era posizionato il Museo Rivarossi: si trattava dell’esposizione comprendente la più grande raccolta di modellini ferroviari presente in Italia, di cui facevano parte tutti i ferromodelli prodotti da Rivarossi ed anche una quantità incalcolabile di pezzi di tante altre marche competitrici come Lima, Roco, Jouef, Pocher e tante altre ancora. Dopo la cessione dell’azienda, questo tesoro venne spostato dalla sede di Como alla sede di Isola Vicentina, per poi finire nella sede della Hornby in Inghilterra. Una volta lì, per motivi ancora poco chiari, sembra sia stato venduto ad un unico acquirente che l’ha poi rivenduto a pezzi a tanti altri collezionisti privati. Un intero museo andato perso, un pezzo di storia italiana svenduto per qualche centinaia di migliaia di euro. E pensare che all’estero esistono musei incentrati su argomenti peggiori e più inutili di un trenino.

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